La Locanda dell'Ultima Solitudine.
Per sole due persone.
Il posto più bello del mondo: scavato nello scoglio e nel mare come una nave mancata.
Buongiorno lettori oggi parliamo di un libro magico, una favola per adulti che mi ha colpita sopratutto per il modo in cui è scritta e per il suo essere a metà fra il reale e il surreale. Si tratta del primo romanzo di Alessandro Barbaglia, La Locanda dell'Ultima Solitudine edito da Mondadori. Una poesia d'amore per le parole, le metafore e i luoghi che descrive.
Una locanda per sole due persone. Una frase che, a voler fare del disordine, si potrebbe leggere anche come: una locanda per due persone sole.
Era la stessa cosa, tutto sommato. Se la solitudine fosse matematica, cambiando l'ordine dei fattori il risultato non cambierebbe. Ma forse, pensò Libero, la solitudine non è matematica. Forse non è solo questione di metà da trovare, è di più; forse uno più uno, a volte, fa due davvero, ma uno si sente solo lo stesso. A essere una parte di quel due.
Opinione di Blacksophia
La cosa che mi ha colpito di più di questo romanzo sono le parole, il modo di scrivere dell'autore ipnotizza e cattura l'attenzione del lettore facendo passare in secondo piano la storia e i personaggi.
E' un libro in cui ogni frase è ricca di significato ed è piacevole da leggere, mi sono sentita trascinata verso il finale, non tanto dagli eventi narrati ma dalle belle parole. Non è importante cosa ci racconta ma come lo fa, dando ad ogni piccolo gesto narrato un qualcosa di poetico e magico. Molti dei personaggi del libro sembrano magici pur non avendo nessun potere particolare, dal cane Vieniqui all'uomo coi baffi, Enrico, Lena e Margherita, tutti esseri speciali pur non avendo niente di speciale. Le storie di Libero e Viola partono lontane, distanti pochi chilometri ma ognuna sul proprio binario, destinate forse un giorno ad incrociarsi, si attendono senza saperlo.
Attesa, è la parola d'ordine di Libero, un giovane uomo che sembra subire inerme il proprio futuro, aspetta che arrivi dal cielo ciò che la sua mente ha pianificato, ma non fa niente per arrivare ad ottenere ciò che vuole. Libero aspetta convinto che la sua lei prima o poi arrivi, bella come l'ha immaginata, con le labbra color vino Nebbiolo, e quando la vedrà saprà riconoscerla. E' così sicuro di trovarla che quando trova in un vecchio baule, lasciatogli da Lena la sua ex vicina di casa, un biglietto con il numero della Locanda dell'Ultima Solitudine, decide di chiamare e prenotare un tavolo per due per dieci anni dopo.
Quei dieci anno passano ma la vita e l'amore per Libero non sono come aveva immaginato, c'è qualcosa che non va in quella lei che ha sposato, come se non potesse opporsi ad un destino già scritto ma non da lui.
Che strano aspettare per anni qualcuno che metta a posto ogni cosa e poi, quando accade, quando tutto è in ordine, sentirsi un poco fuori posto! Si aspettava uno squasso che mettesse tutto in ordine , e invece era arrivato un ordine che gli aveva messo addosso un po' di squasso.....
Viola invece ha una storia familiare un po' bizzarra, vive in un paesino dove le donne della sua famiglia, da generazioni accordano i fiori. Tutte le donne della sua famiglia portano nomi di fiori e svolgono questo ruolo che tramandano di madre in figlia come fosse un dono. Devo essere onesta non ho ben colto il significato che l'autore voleva dare all'accordatura dei fiori ma l'immagine di una collina di fiori colorati che parlano al frusciare del vento è così bella e poetica che alla fine poco importa il suo significato. Viola però vuole scappare da Bisogno, il paesino in cui vive e che le va stretto, sopratutto da quando suo padre se n'è andato e sua madre ha iniziato ad urlare. Viola non capisce fino in fondo le cose che le racconta la madre, accordare i fiori è una cosa che non le appartiene ma le manca il coraggio di andarsene. Alla fine se ne andrà, spinta a scappare dalla sua vita riuscirà ad allontanarsi dalla madre e dal ruolo a cui era predestinata. Raccontato così sembra tutto strano ma è proprio questo il bello del romanzo, un insieme di elementi surreali che sono legati fra loro da un filo sottile e che alla fine si ricongiungono dando vita ad un insieme armonico, proprio come la voce dei fiori accordati.
Il vento.
La pipì.
Uno si fa mille storie nella vita e poi basta la pipì a cambiare il corso delle cose.
Perché la pipì è come la vita, a volte scappa.
E tenerla non fa bene.
Risero.
Il vento.
Un romanzo insolito, originale, che va interpretato, ognuno di noi ci può leggere messaggi diversi. Io l'ho percepito come un romanzo che spinge a credere nei propri sogni e nelle proprie sensazioni e a non aver paura di cambiare, anche se li per lì può essere doloroso. Un altro messaggio che il libro mi ha lasciato è che bisogna saper aspettare e, al momento giusto, agire e seguire il proprio istinto. Sarei curiosa di sapere, da chi fra di voi lo ha già letto o lo leggerà, le emozioni che vi ha dato e i messaggi che vi ha lasciato, potete scriverlo nei commenti, vi aspetto!
Vi saluto con una frase trovata nei ringraziamenti dell'autore, rivolta a tutti i lettori come noi.
"Leggere è la famiglia di cui siamo tutti figli."
L'autore
Alessandro Barbaglia, poeta e libraio, ha trentacinque anni e vive a Novara. Pur avendo pubblicato qualcosa tra poesie e racconti, è alla sua prima prova di narratore.
Il libro
Editore: Mondadori
Prezzo cartaceo: 17,00 €
Genere: narrativa contemporanea
Pagine: 168
Data pubblicazione: 17 gennaio 2017
Trama
Libero e Viola si stanno cercando. Ancora non si conoscono, ma questo è solo un dettaglio... Nel 2007 Libero ha prenotato un tavolo alla Locanda dell’Ultima Solitudine, per dieci anni dopo. Ed è certo che, lì e solo lì, in quella locanda tutta di legno arroccata sul mare, la sua vita cambierà. L’importante è saper aspettare, ed essere certi che “se qualcosa nella vita non arriva è perché non l’hai aspettato abbastanza, non perché sia sbagliato aspettarlo”. Anche Viola aspetta: la forza di andarsene. Bisogno, il minuscolo paese in cui abita da sola con la madre dopo che il padre è misteriosamente scomparso, le sta stretto, e il desiderio di nuovi orizzonti si fa prepotente. Intanto però il lavoro non le manca, la collina di Bisogno è costellata di fiori scordati e le donne della famiglia di Viola, che portano tutte un nome floreale, si tramandano da generazioni il compito di accordarli, perché un fiore scordato è triste come un ricordo appassito. Libero vive invece in una grande città, in una casa con le pareti dipinte di blu, quasi del tutto vuota. Tranne che per un baule: imponente, bianco. Un baule che sembra un forziere, e che in effetti custodisce un tesoro, la mappa che consente di seguire i propri sogni. Quei sogni che, secondo l’insegnamento della nonna di Viola, vanno seminati d’inverno. Perché se resistono al gelo e al vento, in primavera sbocciano splendidi e forti. Ed è allora che bisogna accordarli, perché i sogni bisogna sempre curarli, senza abbandonarli mai. Libero e Viola cercano ognuno il proprio posto nel mondo, e nel farlo si sfiorano, come due isole lontane che per l’istante di un’onda si trovano dentro lo stesso azzurro. E che sia il mare o il cielo non importa. La Locanda dell’Ultima Solitudine sorge proprio dove il cielo bacia il mare e lo scoglio gioca a dividerli. La Locanda dell’Ultima Solitudine sta dove il destino scrive le sue storie. Chi non ha fretta di arrivarci, una volta lì può leggerle. Come fossero vita. Come fossero morte. Come fossero amore. Con una scrittura lieve e pervasa di poesia, tra giochi linguistici, pennellate surreali e grande tenerezza, Alessandro Barbaglia ci racconta una splendida storia d’amore.
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