lunedì 1 febbraio 2016

ANTEPRIMA SENSAZIONALE TUTTA PER VOI: DIRTY DI AURORA BELLE - IL PRIMO CAPITOLO TRADOTTO

Dopo le prime indiscrezioni uscite a settembre, sulla pagina goodreads di Aurora Belle, qualche giorno fa, è apparso un link appetitoso, che non è sfuggito alle lettrici in crisi di astinenza da Twitch (il protagonista di "I suoi occhi su di me" - Raw in inglese - che trovate recensito qui). La scrittrice ha dato in pasto alle sue fan il primo capitolo del secondo libro, che, secondo le anticipazioni della casa editrice, dovrebbe raccontare la storia del migliore amico di Twitch, Julius (ma riservando comunque uno spazio per il ritorno del bel Antonio Falco dalla sua amata Alexa). Il libro è atteso negli States il 23 marzo prossimo, e speriamo arrivi presto anche da noi. 
Di seguito un bel regalo per voi: Eva Purple ha tradotto il capitolo (scusandosi per eventuali imperfezioni), e ve lo propone qui di seguito. Compare una misteriosa Alejandra... che già conquista i nostri cuori. 



Alejandra
Ero confusa.
Almeno, ricordo di essere stata confusa.
Essere chiamata a scuola per raggiungere mio padre nel suo ufficio non è una buona cosa. L’ufficio è dove lui gestisce i suoi affari. Sono stata altre volte lì ma non è un posto adatto a una ragazza come me, o così lui mi ha sempre detto.
L’entrata sembra più grande di come la ricordavo. Cammino senza sapere cosa aspettarmi, stringendo forte la bretella dello zaino.
Ho fatto qualcosa di sbagliato? Perché è sembrato così teso al telefono?
Mi trascino avanti. Il respiro mi si blocca, mentre mi guardo le scarpe. Un laccio è sciolto. Non gli piacerà.
Mi fermo dove sono sicura di non essere vista, e mi passo le dita attraverso i capelli, per poi lisciarmi la gonna della mia uniforme da scuola privata. Finisco di sistemarmi alzandomi le calze bianche fino alle ginocchia e facendo attenzione a non segnarle.
Mio padre non ha educato un branco di animali. Ha educato delle signore, e, nel caso di mio fratello, un gentiluomo.
I miei fratelli ed io siamo orgogliosi di essere ciò che mio padre ha sempre desiderato. L’unica famiglia mafiosa al mondo dotata di grazia e umiltà, ne sono certa.
A diciott’anni, so già qual è il mio compito. Rendere felice mio padre. E lo svolgo. O almeno, credo di farlo. Finora nessuno si è lamentato.
Ho studiato duramente per mantenere alti i miei voti, mi sono vestita in modo appropriato, senza mai mostrare troppa pelle e ho seguito le mie sorelle più piccole con amore e cura, aiutandole a diventare delle signore. Sono una persona integra e amo la mia famiglia.
Siamo in sei fratelli in totale. In ordine di età: Miguel, di ventiquattro, io, Veronica, di sedici, Carmen, di quindici, Patricia, di tredici, e Rosa, che ha solo nove anni. È l’ultima, nata l’anno prima che mamma morisse. So che Rosa non si ricorda di lei. E so anche che questo la ferisce. Ha le foto, come tutti gli altri, ma non è abbastanza.
Il nome di mia madre era Dorina, affettuosamente chiamata Dori da tutti coloro che amava. Ha incontrato mio padre quando entrambi erano ancora dei ragazzini, e giocavano a rincorrersi in strada. Lui le aveva buttato della terra sulla faccia. Invece di piangere come fanno di solito le ragazzine, lei si limitò a pulirsi. Quel giorno andò a casa e raccontò a sua madre di quello stupido ragazzino che le aveva buttato la terra. Sua madre, mia nonna, rise e la abbracciò. Poi le disse “Oh, gatito, i ragazzi fanno cose strane a volte. E di solito più trattano male una ragazza più significa che sono interessati a lei.”
Mia madre ascoltò e prese la sua decisione. Avrebbe sposato quel ragazzo.
Quattordici anni dopo, mia madre divenne Mrs. Eduardo Castillo. Hanno trascorso felicemente gli anni assieme per tutta la durata della vita di mia madre. Era l’unica donna al mondo capace di far ridere mio padre. L’amava così tanto che quando morì, lui precipitò nel dolore. E la cosa mi spaventò moltissimo.
Mio padre è un uomo equilibrato, ma qualcosa è cambiato durante il suo periodo di lutto. È diventato più freddo, più distante. Ha iniziato a chiuderci fuori. La sola persona che riesce a farlo ragionare ormai è mio fratello, Miguel.
Ho raggiunto la porta del suo ufficio, busso leggera con mano tremante.
“Avanti”, dice una voce familiare.

Mio fratello? Il mio corpo si irrigidisce. Cosa ci fa lui qui?
Apro la porta, entro e la richiudo silenziosamente dietro di me. Cammino verso la scrivania dietro la quale è seduto mio padre ma guardo mio fratello, in piedi a fianco a lui. Non lo vedo da un anno. Sembra in forma. Papà ha una mano sulla fronte, mi ha già notata. Rivolgo un tenero sorriso a mio fratello, ma quando lui non lo ricambia, provo un subitaneo dolore. Il suo sguardo si ammorbidisce e si fa dispiaciuto. Sembra quasi che stia per mettersi a piangere.
Ma non è possibile: gli uomini della mia famiglia non piangono. Mai.
Quando mio padre alza il volto, la  pelle mi formicola sotto il suo sguardo. C’è qualcosa nei suoi occhi che non ho mai visto prima. Un che di calcolatorio.
So che papa non è un uomo buono, ma con noi lo è sempre stato. È un padre di famiglia. Farebbe qualsiasi cosa per noi. Ucciderebbe per noi. In effetti, credo lo abbia anche fatto.
Mi schiarisco la gola e chiedo gentilmente “Papà? Va tutto bene?”
Sorpresa dalla mia stessa abilità di nascondere il tremito nella mia voce, rimango ferma, fingendo calma. Mio padre mi guarda negli occhi. Non mi ero mai accorta prima di quanto fosse invecchiato da quando mamma è morta. Le rughe sulla faccia abbronzata si sono fatte più profonde, tanto che dimostra dieci anni di più dei suoi cinquant’anni. Le ombre sotto ai suoi occhi fanno pensare che non dorma da mesi. E le rughe che gli venivano quando rideva… sono scomparse. Immagino che non rida più come una volta. Senza mia madre, non ne ha più l’occasione.
“Alejandra”, indica la sedia di fronte alla sua. È un ordine “Siediti”.
Non voglio sedermi. Voglio scappare.
Guardo mio fratello in cerca di aiuto. Lui scuote la testa, e fissa la sedia. Trattengo il respiro, il cuore che batte al ritmo dei miei passi, e mi siedo.
Papà sospira e poi si alza, camminando per la stanza. “Ti ho chiamato oggi per discutere una cosa. Una cosa importante. Mi dispiace doverlo fare così in fretta. Ma non c’è molto tempo.”
I caldi occhi castani di mio fratello si incupiscono. Si morde l’interno della guancia. Il suo volto diventa rosso scuro e la vena sulla tempia comincia a pulsare. Sembra sul punto di scattare.
La sua reazione fa serpeggiare una paura fredda nella mia pancia: Miguel non perde mai il suo temperamento, è un gentiluomo, paziente e controllato.
Il mio cuore batte furiosamente. C’è qualcosa che non va. Non parlo, mi limito ad annuire una volta per fargli capire che sto ascoltando. Mio padre continua. “Siamo in un periodo difficile. Non si può più contare solo sulla famiglia. C’è una sicurezza, nella quantità.” Fa una pausa, appoggiando le mani sulla scrivania e sporgendosi verso di me. “Arriva un momento, nella vita di ogni persona, in cui si devono fare dei sacrifici per un bene superiore. Capisci?”
Annuisco. Capisco. So che mio padre passa un sacco di tempo lontano da casa per mantenere il livello di vita che abbiamo. È il suo sacrificio e lo ha sempre fatto senza lamentarsi. Apprezzo quello che fa per noi, anche se non sono ben sicura di cosa faccia davvero. Non sono affari miei. Sono solo una donna.
Le sue labbra si storcono in quello che credo sia un tentativo di sorriso ma gli esce come una smorfia. Mormora “Sei sempre stata una brava ragazza. Sono così fortunato ad averti.”
Il mio cuore si riempie di calore, scacciando un po’ della gelida paura che si era annidata dentro di me. Ma le mani di mio fratello sono talmente strette a pugno che le nocche sono diventate bianche. Miguel sibila dietro mio padre “Diglielo.”
Il debole sorriso di mio padre scompare, e lui sembra fortemente irritato dall’interruzione. “Sì. Certo.” Girando attorno al tavolo,  si siede sul bordo della scrivania e prende la mia mano fra la sua, battendola dolcemente con l’altra. Come figlia, è ciò che ho sempre desiderato. Nell’osservare gli occhi sorridenti di mio padre  mentre mi parlava di questo e di quello, non mi ha mai importato davvero cosa mi stava dicendo, ma solo che la sua attenzione per me fosse calda e incrollabile. Ma ora lui interrompe il momento sganciando la bomba. “Ti stai per sposare con Dino, il figlio di Vito Gambino.” Lo dice senza inflessione, senza alcuna emozione o sentimento. La mia presa sulla sua mano si indebolisce, ma lui mi tiene stretta… per sostenermi? Non lo so. Il sangue è evaporato dalla mia faccia. Ho la bocca aperta e mi sforzo di respirare. Il mio stomaco è annodato. Sembra quasi che il mio corpo cerchi di strangolare se stesso. Mi lecco le labbra secche, mentre un brivido mi attraversa. “Perché?” esalo.
“I Gambino non sono diversi da noi. Sono una famiglia italiana importante, ma hanno dei nemici al loro interno. Non possono fidarsi di tutti. Ogni famiglia ha i suoi problemi. Vito è venuto a cercarmi in pace. E la sua offerta è stata ben accolta. Mi ha trattato con rispetto e mi ha parlato di come vede le nostre famiglie tra dieci anni. Mi ha mostrato la sua visione”, mi stringe la mano, “e io la condivido.”
Ho la fronte bollente e gli occhi mi bruciano. “Papà, ho solo diciott’anni…”
Mi sto aggrappando a ogni cosa. La sua affermazione non ha alcun senso. Per fortuna, mio fratello interviene in mio aiuto. Miguel taglia corto “Raul corteggia Alejandra da quando lei aveva sedici anni, Papà. Gli hai dato la tua benedizione. Questo è…” la rabbia ha la meglio su di lui “E’ ridicolo. Non è… non è… giusto.”
Sì! Cavoli, sì! Nei cinque minuti che sono stata qui mi ero dimenticata del mio ragazzo. Mi aiuterà. So che lo farà.
Mio padre si alza e si volta, fronteggiando Miguel. Con una calma letale, dice “Hai un’idea migliore? Abbiamo bisogno di un’alleanza, mi hijo. Alejandra comprende. Devono essere fatti dei sacrifici.  lo farà per la famiglia.” Si gira verso di me, gli occhi colmi di orgoglio. “Sarà un onore per lei.”
Mi scende una lacrima. Con la gola secca, sussurro “Non voglio sposare Dino. Voglio sposare Raul.”
“Ho chiamato Raul questa mattina. Gli ho promesso la mano di tua sorella Veronica, ti lascerà libera.”
Le sue parole sono come uno schiaffo. Ancora e ancora, il dolore mi paralizza, mi schiaccia. Chiudo gli occhi, senza neppure provare a mostrarmi grata. Mi copro la faccia con la mano mentre singhiozzo. “Come… h-ha potuto?”
Ma anziché confortarmi, mio padre gira il coltello nella piaga, lì dove fa più male. “Non fare così, Alejandra. Il padre di Dino vuole creare un legame con la nostra famiglia. È un privilegio per noi.” Fa una risatina. “Credi che lui non ti amerà, vero?”
I singhiozzi mi escono come uno strappo dalla gola. La mia vita sta cadendo a pezzi.
Miguel mi viene vicino, si inginocchia al mio fianco e mi guarda. Mi toglie la mano dalla faccia. “Se c’è un modo per tirarti fuori da tutto questo, te lo giuro, Ana, io lo troverò. Te lo prometto.”
Papà alza gli occhi al cielo. “E’ un matrimonio, non un omicidio. Dovremmo esserne contenti, non lamentarci.”
In questo momento preferirei uccidere piuttosto che sposarmi.
Non riesco a respirare normalmente. Ogni volta che ci provo, il mio petto è scosso da un nuovo singhiozzo che mi lacera nel profondo.
Mio padre mi guarda con sdegno prima di scuotere la testa, e mi informa “Vito mi ha detto che Dino è un bravo ragazzo e che ti tratterà bene. Come una principessa. E tu sarai una principessa, nella sua famiglia. Amata e rispettata da tutti, come lo sei qui. Ora smettila con questa reazione insulsa. È cosa fatta.” Invia un’occhiata minacciosa a Miguel. “Non si può fare più nulla. È stato stretto un patto. I Castillo e I Gambino si uniranno attraverso questo matrimonio”, ride. “Dovremmo festeggiare”, mi alza il mento con le dita, costringendomi a guardarlo, “non piangere, gatito.” Mi asciuga le lacrime e mi bacia sulla guancia. “Verrai a cena con me stasera. Incontreremo Vito e Dino.”
Immediatamente, Miguel interviene “Vengo anch’io.”
Mio padre abbassa lo sguardo su di lui. Dopo un po’, annuisce. “Sì. Dovresti venire.”
Sapere che ci sarà anche mio fratello attenua un po' la mia tensione. Miguel non lascerà che mi accada nulla di male.
Più tardi, incontriamo i Gambino in uno dei loro numerosi ristoranti. Non li ho mai visti prima ma li riconosco subito. Sono come mio padre, hanno quell’aria particolare. Il loro carisma attira l’attenzione. Sono ipnotici. Gli uomini vorrebbero essere come loro e le donne desiderano scaldare i loro letti. È una cosa che non ho mai capito. Uomini così non mi fanno lo stesso effetto che fanno agli altri.
Il vecchio cammina un passo in avanti rispetto al giovane. Entrambi ci sorridono. A pochi metri dalla tavola, Vito allarga le braccia “Eduardo.”
Mio padre, l’espressione neutra, avanza verso di lui. Si abbracciano e si battono sulla schiena, in un saluto caloroso. “Vito. Grazie per l’invito.”
Lancio un’occhiata agli uomini. Entrambi sono vestiti in modo squisito, e non posso fare a meno di notare quanto sia attraente il più giovane. Nonostante la sua età, anche Vito è affascinante, con occhi brillanti e i capelli sale e pepe. Quando il giovane si avvicina, mi accorgo che si sta sistemando la cravatta, allentando il nodo. Come in cerca di aria. Il piccolo gesto mi fa capire che non sono l’unica in questa situazione. Dino è contrariato da questo accordo quanto lo sono io. La scoperta ha il potere di calmarmi,  in qualche modo.
Vito fa un passo verso di me, spingendo suo figlio avanti. “Questa dev’essere Alejandra.” Prende la mia mano molle, baciandone il dorso. Poi guarda suo figlio e parla in una lingua musicale, che non comprendo.
Dino mi osserva, i suoi occhi nocciola sembrano danzare. Mi offre la mano, aspettando pazientemente che io gli porga la mia, al contrario di suo padre, che si è preso la libertà di afferrarmela. Esitante, gliela stringo e il suo sorriso si allarga, abbagliandomi. “Perdona mio padre, non voleva essere scortese, ha solo detto in italiano che sei così piccola. Petite.”
Io e le mie sorelle abbiamo la struttura e il colore di mia madre. Sono alta non più di un metro e mezzo e ho folti capelli neri lunghi fino alla vita e intensi occhi castani. Molti mi considerano bella, ma mia madre mi ha sempre detto che la bellezza è un dono e che non devo mai usarla per diventare ciò che voglio, che devo restare umile.
Più Dino si avvicina, più il mio stomaco freme. È davvero un bell’uomo. Alto con ampie spalle e la vita stretta, zigomi alti, un mento forte, labbra piene e dei sorridenti occhi nocciola. La sua mano grande copre la mia, le sue labbra scendono e appena toccano la pelle delle mie nocche, il mio stomaco ha una scossa. Quando si allontana, mormora “Ora capisco perché tuo padre ti ha nascosto per tutto questo tempo. Le gemme più preziose devono essere custodite in un posto sicuro.”
Posso quasi avvertire il sorriso ironico di Miguel dietro di me. Gli offre la mano, presentandosi. Dino sorride a mio fratello e poi lo fissa negli occhi mentre gli stringe la mano “Tu ami tua sorella”.  La sua non è una domanda.
Miguel, senza confermare o negare, allontana la mano. Dino ricongiunge le sue in un gesto conciliante. “Capisco cosa provi. Ho delle sorelle anch’io. E due fratelli.” Mi guarda. “Farei qualsiasi cosa per farli stare al sicuro.” Fa una pausa e si avvicina a Miguel, aggiungendo dolcemente “Tua sorella con me sarà in buone mani”. Lanciandomi un’occhiata, continua “Diavolo, magari un giorno riuscirà anche ad amarmi. E quando saremo sposati, io e te diventeremo fratelli. Il che significa che tu e le tue sorelle passerete sotto la mia protezione. Darò la vita per mantenervi al sicuro.”
Anche se è ancora lontano dall'avere la meglio su Miguel, penso che Dino abbia vinto la prima battaglia con questo suo discorso di apertura.
Ci sediamo e mentre mio padre e Vito chiacchierano tra loro, mio fratello – decidendo di dare a Dino la sua benedizione – parla di lavoro con lui. Io aprofitto per guardare come si comporta il figlio di Gambino e ne rimango impressionata. È al contempo serio e arguto e mette presto a suo agio Miguel. Vederlo ridere con Dino è fastidioso. Sta succedendo davvero. È l’uomo che sposerò. Mi si stringe il petto. Non sono sicura di essere pronta per questo, anche se la cosa sembra non importare a nessuno.
Alzandosi improvvisamente, Dino si volta verso suo padre e il mio e annuncia “Scusatemi, signori. Vorrei avere un momento da solo con Alejandra.” Mi guarda, le sue labbra si allargano in un accenno di sorriso. “L’ho trascurata fin troppo questa sera.”
Miguel mi guarda e i suoi occhi comunicano approvazione. Mio padre sorride a Dino mentre Vito annuisce. “Naturalmente. Ma cerca di non metterci troppo. Abbiamo ancora molto da discutere.”
Non ho molta scelta, perciò mi alzo e mi sistemo l'abito nero. Dino mi prende a braccetto e mi trascina via. Camminiamo lentamente, a nostro agio nel silenzio e sono sorpresa di sentirmi al sicuro al fianco di questo uomo. Apre la porta per me, e io esco all'aperto. Mi indica di sedermi a uno dei tavoli esterni e io faccio ciò che mi chiede. Obbedisco sempre agli ordini.
Dino si siede e mi guarda attentamente. “Non hai detto una parola. Neppure una.”
Mi stringo le spalle. Che cosa si aspetta che gli dica?
I suoi occhi si ammorbidiscono. “So che non è facile. Credimi, ho imprecato quando mio padre mi ha detto cosa voleva che facessi.” Scuote la testa “Intendo, per la miseria, ho solo venticinque anni. Non voglio sposarmi”, per qualche strano motivo la sua frase mi provoca un dolore acuto al petto, “e credo di avere ragione dicendo che anche tu non lo vuoi.”
Ritrovo la voce per dire “Non lo voglio.”
Sorride con calore “Per piacere, non condividere i miei sentimenti!”
Non posso farne almeno, mi mordo il labbro per impedirmi di sorridere, ma lui se ne accorge.
“Te lo saresti mai immaginato?” ridacchia prima di tornare serio. “Sei molto bella, Alejandra. Splendida, davvero.”
 Arrossisco con la stessa velocità con cui il mio cuore accelera i suoi battiti.
Dino si allunga il braccio sul tavolo, prendendomi la mano. Ci fissiamo. Mi chiede calmo “Potresti concedermi una possibilità? Mi piacerebbe provare.” Fa una pausa. “Dobbiamo provarci.”
Ha ragione. Dobbiamo farlo.
E sarebbe potuto andare peggio. Intendo, è un uomo attraente, carismatico e divertente, e sembra che gli piaccia.
Distogliendo lo sguardo dal suo, incrocio le mie dita con le sue e sussurro “Sì”. Deglutisco. “Io-io voglio provarci.”
Dino si alza e mi abbraccia, stringendomi forte. Accantono la mia sorpresa iniziale quando realizzo che ho bisogno di questo momento di conforto tanto quanto lui. Con delicatezza gli circondo con le  braccia la  vita, e appoggio la testa contro il suo petto, mi stringo a lui cercando un conforto nel battito calmo del suo cuore. Mi dà un bacio sulla testa. “So che questa non è una situazione ideale ma penso che potremmo farlo funzionare. Sappiamo come sono le nostre famiglie. Sappiamo cosa si aspettano da noi. Mi piacerebbe essere tuo amico.” Si allontana. “Penso -” si schiarisce la gola. “Penso che potrei amarti un giorno. Penso che potremmo amarci l'un l'altro.”
Mi si stringe la gola. Cerco di dire qualcosa ma tutto ciò che mi esce fuori è un gemito. Abbasso la testa, mentre le guance si inumidiscono.
Ho paura.
Mi odio per non essere riuscita a trattenere le lacrime. Ma Dino no.
Mi alza il mento, mi zittisce dolcemente e mi bacia la guancia. “Cara, non piangere. Per favore non piangere”. Prima che io capisca cosa sta accadendo le sue labbra coprono le mie. Così velocemente come mi ha baciato, si tira indietro, abbracciandomi ancora una volta. Mi aggrappo alla sua camicia, piangendo. Lui mormora “Non ti preoccupare, Alejandra. Con me sarai al sicuro.”
Le sue parole mi calmano.
Come ho detto... Sarebbe potuto andare molto peggio.
Sei anni dopo.
Il mio stomaco è  premuto contro il materasso. Le dita affondano nei miei fianchi, tenendomi giù. Respiro affannosamente dal naso, combattendo il dolore. Mordo il cuscino per impedirmi di piangere e penso al consiglio di mia nonna mentre mio marito si masturba sul divano, sorridendo alla vista della mia faccia striata di lacrime mentre guarda suo fratello che mi violenta.
Più trattano male una ragazza più significa che sono interessati a lei.
In questo caso, mio marito deve proprio amarmi.
Deve amarmi da morire.


 

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