lunedì 19 marzo 2018

INCONTRO CON MANLIO CASTAGNA

Una delle cose più emozionanti e che per sempre mi ricorderò di questo Tempo di Libri è l’incontro con Manlio Castagna. Un uomo davvero straordinario, con un bagaglio di vita e di esperienze non comune e con tanto da comunicare ed insegnare agli altri. Mi ha colpito molto la sua umiltà e il fatto che nonostante fossimo noi onorate della sua presenza lui non facesse che ringraziarci quasi incredulo all'enorme e calorosa accoglienza che sta avendo il suo libro. Con la sua gentilezza e simpatia è riuscito a mettere immediatamente a nostro agio me ed un altro piccolo gruppo di blogger e, quasi un’ora, è passata insieme, volata in un soffio discorrendo dello straordinario successo del suo bellissimo romanzo Petrademone il libro delle porte , del dolore che lo ha portato alla luce (o per meglio dire nelle nostre librerie), dei suoi tanti progetti futuri, e delle sue molteplici esperienze lavorative.
Manlio è infatti un regista, uno sceneggiatore e un formatore. Laureato in semiologia degli audiovisivi ha studiato cinema e lavorato ad Holliwood e alla Pixar. E' entrato nell'organizzazione del Giffoni Film Festival - il più importante festival al mondo dedicato al cinema per ragazzi - ricoprendo attualmente il ruolo di vicedirettore artistico. E' autore di cortometraggi pluripremiati, documentari, videoclip e sceneggiature per il cinema. Insegna sceneggiatura e proprio questa cosa ha avuto, come ci ha ben spiegato, un'importanza particolare nella concezione e nella strutturazione della sua prima opera letteraria: Petrademone, appunto. La scuola di Holliwood è stata determinante nell'insegnamento che tutto quello che "passa per la carta" deve essere "visto e non letto". Questo si è senza dubbio trasferito nel modo di scrivere di Manlio perchè Petrademone è un romanzo che si vede; a cui si assiste in prima persona. Un romanzo fantasy-noir per ragazzi ma che non si rivolge solo a loro perché, come potrete leggere nella mia recensione (QUI), ha un vero e proprio universo dentro di sè con tematiche e riferimenti che possono coinvolgere e interessare anche un pubblico più adulto. Chi ci segue sa quanta importanza diamo in questo blog ai romanzi per ragazzi che molto spesso si rivelano una letteratura di alta qualità, pregna di valori e sentimenti che fanno bene anche ai grandi. Personalmente, il più delle volte, finisco per preferirli alla letteratura per adulti perché mi sanno portare in mondi fantastici lasciandomi contemporaneamente tanti messaggi importanti per quella che è la realtà. E' questo il caso del romanzo di Manlio Castagna, che risponde così alle nostre domande:



Quando vuoi raccontare qualcosa la devi far vedere.”
Manlio Castagna .      


- Come è nato questo tuo primo romanzo?

Nasce da un dolore. Da un dolore molto forte, se devo essere sincero. Infatti ogni volta che anche nelle presentazioni parlo di Petrademone quando arriva questa domanda non posso che commuovermi perché io avevo un cane, un Border Collie, si chiamava Erlond come il Re degli Elfi del Signore degli Anelli, che per me non dico che era come un figlio perché adesso che sono diventato padre capisco bene la differenza, ma era il mio migliore amico, mio fratello… Era colui con cui vivevo tutto. Il 1 luglio del 2016 succede un incidente di cui mi sento totalmente responsabile, e questo davvero per me è troppo drammatico da raccontare perché è come se lo avessi ucciso io...
Perciò immaginate cosa voglia dire uccidere il proprio migliore amico o il proprio fratello… Forse chi non ha un cane non può capire cosa significhi perderlo, e perderlo in una maniera così tragica. Io e mia moglie abbiamo avuto un dolore così forte da vivere una sorta di depressione che sono riuscito pian piano a “curare” mettendo il mio dolore su carta: ma senza raccontare di lui in particolare e in maniera diretta. Ho cercato, in qualche modo, di sublimare quel dolore, cominciando a scrivere (il 4 agosto 2016).
La storia è nata da un dolore e ha un preciso riferimento alla mia vita reale perché Petrademone è un allevamento di Border Collie realmente esistente dove io vado spesso e con cui ho un legame particolare: esiste davvero quell’allevamento, esistono quei cani, esiste quella casa, quella quercia, quel pozzo… Un posto talmente bello e particolare da sembrare un fantasy di per sé.
Probabilmente è per questo che il romanzo prende poi una piega tutta sua, che è diversa da quella che immaginavo, perché la dimensione fantasy non era voluta inizialmente, ma evidentemente il contesto di Petrademone mi ha inconsciamente ispirato.

- Riguardo al senso di responsabilità cui hai fatto cenno prima viene spontaneo farti una domanda su Barnaba che verso la fine esprime il suo rimorso nei confronti della sorella. E’ stato un tuo modo di espiare o esorcizzare il tuo dolore e il tuo rimorso?

Proprio così! Barnaba in quel momento si prende in carico il mio senso di colpa, che ancora adesso va avanti, ma è l’unico personaggio a cui ho affidato il carico del mio dolore e che mi ha aiutato ad alleggerire il peso schiacciante che porto. 
Ma questa è l’unica cosa che gli ho affidato di me perché in realtà io e Barnaba siamo molto diversi: lui è forte, coraggioso. Io invece sono molto più guardingo.

- Come nasce, per te, una buona storia?


Credo che tutte le buone storie si muovono su due punti fondamentali: la paura e il desiderio.
Quando questi due elementi riescono a concentrarsi nella storia inevitabilmente questa diventa appassionante e affascinante. 
La “paura” è l’emozione umana che trovo più affascinate. Sono un insegnante di sceneggiatura e quello che dico sempre ai miei studenti e a chi scrive è di guardarsi intorno perché intorno c’è già tutto. I personaggi in qualche modo sono già nelle persone che conosciamo. Quindi io quando scrivo non faccio altro che guardarmi intorno e prendere un po’ qui, un po’ là. Gli scrittori e gli autori, in generale, sono dei “vampiri”. Petrademone è già un personaggio. Vive di vita propria. Non ho dovuto fare quasi nulla. C’era già tutto lì. Il nome. Il luogo. Le suggestioni.





- Le ambientazioni del romanzo sono molto vivide e affascinanti. E, cosa che abbiamo apprezzato molto, italiane. Ci puoi localizzare precisamente la zona che hai immaginato?

Sicuramente l’ambientazione risente di quel realismo magico che hanno zone d’Italia realmente esistenti. Non mi piace l’idea di ambientare un romanzo necessariamente in quei posti dai nomi super esotici e nordici. Volevo che fosse un romanzo/fantasy italiano. La zona che ho immaginato per l’ambientazione è quella dei monti Lucretini, tra Rieti e Roma, che ha tutti questi piccoli villaggi e paesi che per loro “natura” hanno una dimensione fuori dall’ordinario, anche nei nomi.

- Da chi prende le mosse il personaggio di Frida? Porta il nome di tua figlia. In qualche modo ti sei ispirato a lei per la costruzione di questo personaggio?

Mia figlia è ancora troppo piccola e non conosco ancora il suo carattere. Aveva appena un anno quando ho cominciato a scrivere il libro. Per certi aspetti il personaggio di Frida è più legato a mia moglie, che è curiosa e determinata, proprio come lei. 

- Siamo sempre molto incuriosite su quelle che possono essere e le influenze di altri scrittori, perché prima di essere scrittori si è prima lettori. Quali sono le tue influenze e le tue letture preferite?

La mia passione per la lettura e per lo scrivere nasce da quel "Dio in Terra" che è Stephen King . Avevo dodici anni e odiavo andare a scuola, spesso marinavo, e con il mio It nello zaino me ne andavo in un palazzo abbandonato pieno di colonne e mi mettevo lì, per ore, a leggere. It mi ha cambiato totalmente la vita. Perciò Stephen King è il mio scrittore preferito e lo sarà per tutta la vita. Amo molto  anche Umberto Eco, Italo Calvino e Dino Buzzati che sono altri miei tre importanti riferimenti. Poi a diciassette è avvenuto l’innamoramento con Franz Kafka - ho sulla spalla tatuata proprio la K di Kafka - e da quel momento diventa il mio amore incontrastato. Successivamente ho letto Neill Gaiman e mi è piaciuto da morire. Adesso una delle mie autrici preferite è Frances Hardinge. Mentre scrivevo Petrademone leggevo il suo Albero delle bugie e mi ha fatto capire una cosa molto importante: che si può osare con la lingua anche nella letteratura per ragazzi, senza essere semplici o banali e questo lo metto in pratica come un insegnamento molto utile.

- Nel romanzo ci sono moltissimi riferimenti al Mago di Oz. Frank L. Baun è un'altro dei tuoi autori preferiti o avevi un intento preciso nel citarlo?

Io nel romanzo mi sono mosso sempre su un doppio livello: quello da Oz ad Alice, ma sento che Oz ha avuto un peso molto maggiore. Oz per me rappresenta l’archetipo di ogni viaggio immaginifico: la scoperta di sé stessi, lo stare lontano da casa, che è quello che fa Frida. Quello di Frida è un viaggio di formazione e come in Oz c’è un viaggio fatto in gruppo e c’è il cane, la strega dell’Ovest. Volevo proprio che quello di Oz fosse una sorta di accompagnamento constante nella storia. 

- Hai parlato della tua esperienza in Pixar. Puoi raccontarci di cosa ti occupavi?

Ho fatto dei workshop con loro avendo l’opportunità di lavorare nella parte “formazione”. Alcuni dei loro formatori vanno in giro per il mondo e ho accompagnato alcuni di loro. In particolar modo Matthew Lumen che è colui che ha lavorato ad Inside Out, Gli Incredibili. E’ stata un’esperienza bellissima e altamente formativa anche per me. Si sono radicati dei concetti importantissimi su come nasce una storia, cos’è una story spine, il what if ecc.
Cose che mi piacerebbe trasmettere a mia volta ai ragazzi quando insegno sceneggiatura.
Quello che insegnano alla Pixar è che tutto parte da una semplice idea : la controlling idea  e poi la story spine. Quando si hanno questi due elementi si può scrivere di qualsiasi cosa. 
Adesso sto utilizzando questi strumenti anche per scrivere i miei libri, anche sé è una cosa più propriamente collegata alla sceneggiatura, ma si può applicare anche alla scrittura dei romanzi. 

- Quali similitudini e quali differenze ci sono sul tuo metodo di scrittura nei romanzi e nelle sceneggiature?

Alla base sono talmente simili che personalmente non ci trovo una grande differenza. Il mio approccio ad un romanzo è lo stesso, applico lo stesso procedimento: il trattamento, la scaletta, la divisione in tre atti, il viaggio dell’eroe che è alla base, per me, di ogni buona storia. Quello che cambia fondamentalmente è che nella sceneggiatura tutto deve essere iper rigido e iper schematico. Devi sapere dall’inizio dove vai a parare.  E’ come creare i binari per un treno: se non sai dov’è la stazione di arrivo quei binari possono andare avanti per sempre. 
Nella sceneggiatura perciò si deve sapere la stazione di arrivo.
Nel romanzo invece c’è anche la scoperta. Hai anche i bisogno di meravigliarti e di stupirti tu stesso. Perciò c’è un po’ più di libertà in questo anche se il procedimento di strutturazione è molto simile. 
Partire da un what if : cosa succederebbe se.
Io sono partito dall’idea: “Cosa succederebbe se tutti i cani della terra sparissero”.
Poi i tre atti: impostazione, primo gruppo di scena, sviluppo e climax, soluzione.
Il problema di Petrademone è che essendo strutturato nella mia testa come tre libri il primo libro Il libro delle porte è una parte di questa strutturazione. E’ un po’ come se fosse il primo atto.

- Sei d'accordo con noi che scrivere per i ragazzi sia una grande responsabilità?

Prima di scrivere Petrademone non avevo letto molto di letteratura per ragazzi; avevo anzi a riguardo una sorta di preconcetto (sono più per la letteratura per adulti e l’horror per adulti). Immaginavo fosse una lettura semplicistica e un po’ piatta anche come linguaggio. Poi invece ho scoperto un mondo straordinario dove c’è tanta letteratura seria e ben fatta e da quel momento non riesco più smettere. La letteratura per ragazzi ha una profondità e una serie di intenti che mancano alla letteratura per adulti. Cercano di trasmettere dei valori che purtroppo ora sembrano essere appiattiti da tutto quello che c’è all’esterno. 
Quando si scrive letteratura per ragazzi si ha l’obbligo di interessare e quindi hai il dovere, e qui mi riaggancio alla sceneggiatura, di essere “strutturato”. Per questo mi sono trovato a mio agio in questo modo di scrivere. Bisogna raccontare qualcosa che sia anche azione, movimento. Non si può partire per la tangente e perdersi nei meandri di riflessioni troppo intime; bisogna affascinare con il movimento, con l’azione. 

- Riguardo alla trasmissione di valori e insegnamenti, troviamo che la figura di Vanni e l’approccio nei suoi confronti dei vari personaggi ,ed in particolare modo di Frida, sono molto belli e significativi. Puoi parlarci di lui?

Vanni è per me un personaggio chiave e a cui tengo molto e vi dò un anticipazione: è’ con lui che si apre il secondo romanzo. Per me Vanni è quello che era Sloth per i Goonies. Un personaggio forte nella sua diversità rappresenta però il condottiero al di là di tutto. 

- Una delle cose che più ci piacciono nei libri, se sono fatti bene è che si gustano come un film. Al di là di tutto il tuo background e delle esperienze lavorative in Giffoni e Pixar quello che colpisce nella lettura di Petrademone - il libro delle porte è che quasi non si legge ma si “vede” e sembra già pronto per diventare un film. Ci sono delle possibilità all'orizzonte per una trasposizione cinematografica? 

Molte case di produzione si stanno interessando a Petrademone e c’è in corso una sorta di asta per acquistare i diritti cinematografici; cosa che mi rende estremamente felice. Una delle maggiori case di produzione italiane, che lavora anche all’estero, è interessata al progetto e afferma che ci siano davvero poche cose da fare per poterlo adattare allo schermo, se non lavorare un pochino sulla linea dei personaggi.Vi svelo un paio di curiosità: l’attore Marco Giallini si è candidato per essere Barnaba e per la produzione ci sono già sedici border collie super addestrati con i nomi dei personaggi, perché già esistono.
Un pochino più “preoccupante” per questione di realizzazione e budget sarebbe eventualmente il secondo romanzo perché è molto più fantasy rispetto al primo.


- Ci hai detto i nomi dei cani sono di cani realmente esistiti. Invece per i nomi dei personaggi fantastici come ti sei comportato per sceglierli?

Il “Magro Notturno” per esempio è un nome che deriva dall’Hovercraft che è un’altra delle mie ispirazioni. Per il resto nascono da varie ricerche. “Amalantra” è un nome che è legato all’occultista Allister Crowley che è una delle figure più ambigue ed enigmatiche dell’occultismo contemporaneo che aveva un progetto molto complicato e articolato. Villa Bastioni è un omaggio a Dino Buzzati e al suo Deserto dei Tartari. Così come Drogo. Klum è invece legato a Kafka. 


- L'amicizia e il senso del gruppo sono due elementi molto forti nel romanzo...

Credo che lo stare insieme da parte dei ragazzi sia ciò che crea il senso del potere. Essere potenti nel senso buono del termine.
Le solitudini messe insieme creano una compagine capace di affrontare qualsiasi tipo di problema.
Ci sono ragazzi da soli, indeboliti dalla incapacità di capire ancora chi sono come individui, che messi insieme in un’ amicizia diventano un tutt’uno potente che assume anche una identità. 

- Come hai inventato o trovato i simboli grafici?

Questi vengono da letterature antiche o morte: sanscrito o altre lingue poco conosciute. Lettere dell’alfabeto di altre letterature esotiche. Ho inventato solo il simbolo di Urde.

Un'altra cosa che abbiamo notato è il riferimento agli anni '80. Come mai?

Un altro punto che volevo evidenziare, anche se un po’ tra le righe. Ci tengo molto a questa ambientazione Anni '80 perché quest’ondata di cinema e letteratura di revival Anni ’80 di questo periodo riguardano una cosa fondamentale: adesso i ragazzi hanno perso il senso dell’avventura e della scoperta. Se c’è un problema o un mistero da risolvere vanno subito su Google e hanno la immediatamente la risposta.
Negli anni ’80 invece bisognava cercare. Cercare e scoprire sono i due verbi chiave del MUOVERSI.
Ogni avventura che si rispetti ha bisogno del verbo di movimento che i ragazzi di oggi in qualche modo hanno perso. Non potevo non ambientarlo negli anni ’80 perché era in quegli anni che per mettersi in movimento bisognava salire sulla bicicletta o farsi una bella camminata a piedi. Ora non c’è più il senso della ricerca o il contatto con gli altri per porre domande ed avere le risposte che cerchiamo. 

- Stai scrivendo qualcosa di nuovo?

Petrademone nella mia testa è strutturata come una trilogia. Il secondo è già stato consegnato alla Mondadori ed è in fase di revisione. Sarà più lungo di questo e prenderà varie strade diventando molto più avventuroso e fantasy del precedente. 
Il nuovo romanzo che sto scrivendo che si chiama “Il palazzo dei miracoli” è tutto una sorta di avventura come nei videogame che prima di poter accedere al quadro successivo devi risolvere quel quadro lì. Questo libro è fondato sull'idea di raccogliere di indizi e di porre domande per ottenere risposte. 

- Personaggio preferito del romanzo, se c’è?

Myriam. Rappresenta una di quelle figure di ragazzi schiacciatissime dai genitori per i quali hanno aspettative enormi che a volte li costringono anche ad una vita che non vogliono vivere. Lei traduce nel suo personaggio questa dicotomia tra l’amore per la mamma e l’odio per le azioni che compie che la fanno soffrire.  E poi Tommy e Gerico. Portano il nome di due fratelli gemelli che mi sono molto amici e cari nella vita. Non fanno altro che litigare tutto il tempo e ho voluto inserire nel romanzo la loro ironia. 


"Ogni volta che torno a Petrademone torno dal mio cane."
 E mia moglie mi ha scritto un messaggio molto bello in cui dice che grazie a Petrademone ho restituito Erlond alla nostra famiglia. 

Erlond mi ha cambiato la vita completamente. Da quando è arrivato a quando, purtroppo, se ne è andato.
Per esempio io ero un tipo molto “da città” e lui mi ha fatto cambiare casa, poi mi è nata una figlia. Mi ha cambiato completamente la vita come uomo quando era in vita e mi ha cambiato anche in morte perché mi ha portato tutto questo: tante cose belle.
E’ come se lui fosse il mio spirito guida e lo dice una persona non molto “spirituale”. Darei tutto indietro pur di riaverlo, tutto! Ma sono convinto che questo sia il suo ultimo regalo! L’ultimo lascito.
Io spero che mi abbia perdonato."

Noi siamo certe di sì.

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