venerdì 23 marzo 2018

INCONTRO CON TEA RANNO A TdL 2018

Giovedì 8 marzo aTempo di Libri abbiamo incontrato Tea Ranno, autrice di Sentimi edito da Frassinelli, di cui vi avevo parlato QUI. E quale migliore autrice con cui chiacchierare di donne, delle sue donne, nella Festa della Donna?
Vi riporto l'intervista che ho potuto farle insieme ad un ristretto gruppo di blogger, che è più che altro il resoconto di quella che è stata una chiacchierata meravigliosa sul romanzo, sulla femminilità e tanto altro. Chiacchierata che avremmo voluto non finisse mai perché Tea Ranno è davvero una donna speciale! Con l'occasione mi sento ancora di ringraziare di cuore Cinzia, Giulia e tutta la Sperling&Kupfer per darci sempre modo di vivere queste esperienze magnifiche! 





TEA RANNO - Sentimi

L’incontro inizia con l'editore di Tea, il Signor Giovanni Francesio di Frassinelli che, innamoratosi immediatamente del romanzo appena arrivato in Casa Editrice, sottolinea una cosa a cui tiene molto e dice: 
"Non credo che l’unico grande pregio del libro sia il tema. E’ chiaramente importantissimo e drammaticamente attuale, ma è anche importante l’aspetto squisitamente letterario perché è quello che mi ha colpito quando ho letto. Sono stato conquistato dallo stile: questa lingua tra italiano e siciliano… una commistione fatta di echi e di alcune parole messe qua e là in alcuni momenti. E poi, naturalmente, l’aspetto fondamentale che rende la qualità di Sentimi quella che è, è la costruzione della trama.
Abbiamo messo in copertina proprio la frase “cento voci una storia” proprio perché è bellissima e anche rara questa abilità che Tea ha avuto di costruire una sola storia raccontata da cento voci. Il romanzo è, anche, la storia riverberata in tutti i punti di vista delle varie narratrici. Perciò il fatto che più si va avanti e più si rimane avvinghiati perché si vuole capire come va a finire quella vicenda è una cosa molto difficile da fare a livello tecnico e aurorale.
In un romanzo così riuscire a trovare un binario che tiene tutto insieme anche da un punto di vista narrativo è un aspetto molto raro e bello."




Cosa ha reso Sentimi quello che è e qual è il suo metodo di scrittura? Ho notato anche che  più volte alcuni personaggi nella storia si rivolgono alla protagonista che scrive con riferimenti a nomi che lei doveva già conoscere… Che collegamento c’è - se c’è - con i suoi precedenti romanzi?
Innanzi tutto Sentimi non è “nato” come un romanzo. Non è nato come una storia da proporre a un editore. E non è la prima volta che mi capita perché mi è successo anche con La sposa vermiglia. 
Ci sono dei momenti della mia vita in cui sono subissata da altro - perché in primis faccio la mamma: ho due figlie e mi è piaciuto dedicarmi a loro e non penso, proprio perché oggi è la Festa della Donna che la femminilità, il dedicarsi alla famiglia e ai figli sia un sottrarre qualcosa alle donne e quindi una diminuito, un qualcosa che ti pregiudica la carriera. Io ho due gemelle per cui  impegnativo e allora ho deciso di non continuare la mia carriera di giurista e di dedicarmi alle ragazze - Ci sono dei momenti della mia vita in cui IO ho bisogno di raccontarmi delle storie 
Quando sono troppo stanca, quando la cronaca mi fa troppo male.
Questo è il caso di Sentimi. Era il 2016 , anno terribile per i fatti di cronaca di femminicidio. Da gennaio ad ottobre sono state uccise cento sedici donne. In particolare modo fui colpita dal caso di Sara, la ragazza della Magliana (che è un quartiere vicino al mio) una ragazza di notte è stata fatta accostare dal fidanzato in macchina che l’ha fatta scendere spingendola sul bordo della strada e ha cercato di ucciderla e, non essendoci riuscito, poi l’ha bruciata viva. Anche mia figlia si chiama Sara. 
Sentire parlare così spesso di femminicidio, avere due ragazze, quindi temere che ogni volta che loro escono… Tutto questo dentro di me viene catalizzato dalle letture che faccio, dalla poesia e dall’essere madre. Tutto questo a volte crea una combinazione esplosiva che si traduce in scrittura. 
Non è una scrittura pensata; non è una scrittura elaborata, non è un romanzo costruito. Io scrivo a mano sui dei taccuini numerati e datati in cui “vomito scrittura”. E così è successo per sentimi. L’unica differenza è stata che per una volta ho cercato di giocare alla “Simenon”. Simenon che è un autore che amo moltissimo, nelle Memorie Intime che è un volume di tremila pagine si racconta e racconta come scriveva. Lui prendeva delle buste gialle, apriva l’elenco telefonico, sceglieva dei nomi a caso, dei cognomi a caso, li combinava e dava a ognuno un profilo filo sia lavorativo che morale che caratteriale e poi inventava una storia. 
Un giorno ho comprato della bella carta e ho cominciato a scrivere dei nomi e mi accorgevo che la maggior parte erano nomi femminili e per ognuno mettevo sia una data di nascita che una data di morte. Mettere la data di morte mi veniva proprio spontaneo, con una certa urgenza; e non riuscivo a capire il senso di questa cosa. 
Nata a; morta il; di…veleno, tetano, un graffio di un rovo su cui aveva urinato un topo (fatto accaduto ad una mia amica reale), e allora ho cominciato a combinare queste storie.

Se avessi cominciato con una qualunque delle donne che avevo pensato sicuramente la storia sarebbe diventata un’altra: quello che mi ha dato l’avvio, la prima scheda che ho preso è stata quella di Pietra. 
E ho voluto giocare col nome. Pietra “cuore di pietra” no? Perché lei è tutto il contrario. E il grande incipit è stato questo: un doppio tradimento: una donna che viene tradita dai due amori più grandi la sorella che amava più della luce degli occhi e il marito che amava più della sua vita. Quindi questi due operano un tradimento meschino nei suoi confronti mettendo oltre tutto al mondo due figli, che ad un certo punto diventeranno la vita di Pietra. E Pietra farà di tutto per salvare Adele.
Una volta che sono entrata nel meccanismo di Pietra è stata Pietra che mi ha raccontato la storia e ha permesso via via di far palesare da sole, una dopo l’altra, le altre donne. 
Pietra parla di Rosa.. Rosa parla della levatrice.. ma la levatrice parla della monaca Stella…  Poi dopo un po’ è venuta Maria che era innamorata di Stella di un amore purissimo… e poi via via si sono intromesse le altre: via via che scrivevo queste donne mi si affollavano intorno e ognuna poi ha cominciato a raccontarsi; a raccontare sé e a raccontare la storia della bambina. 

Brigida è stata per me una delle figure più belle per me: la Brigante. Questa donna che per vendicare la morte della famiglia per una faida mafiosa va lì, s traveste da vecchia e uccide il mafioso col veleno e poi diventa bandita per nascondersi.
C’è un detto bellissimo che si usa in Sicilia: quando tu vuoi dire a qualcuno che non deve fare qualche cosa si dice: “Sta attento che ti stock l’anchi” (stai attento che ti spezzo le gambe che è proprio quello che lei fece a Rosario per impedirgli di fare male alla bambina) .


Vorrei chiederle della Sicilia e del rapporto che ha con questa terra e se, magari, c’è qualche leggenda o qualcosa a cui può essersi ispirata per la scrittura di Sentimi.
Quasi tutti i miei libri parlano di Sicilia ma perché l'ho lasciata. Nel '95 mi sono trasferita a Roma e da allora non me ne sono più andata. Finché vivevo in Sicilia della Sicilia non mi importava, nel senso che era mia e la vivevo. Ma nel momento in cui mi è venuta a mancare la prima cosa che ho sentito è stata la necessità del dialetto. Pensate che c’erano giorni in cui andavo alla stazione Termini e mi mettevo al binario 1, il binario da dove partono i treni per la Sicilia, e andavo lì per ascoltare la musica del dialetto. 
Io non parlo il “siciliano” perché mia mamma, che è stata una maestra, ha preferito che io parlassi in “italiano”. Perciò se io comincio a fare un discorso in siciliano dopo poco mi impappino e non riesco però quando sono nate le mie figlie è riaffiorato il dialetto. Le cose più belle da dire mi arrivavano in siciliano, per esempio dire cita mio ad un bimbo - che in italiano tradurresti fiato mio - ha tutto un altro senso e valore: significa il fiato dell’anima, la vita stessa.  Il dialetto e la Sicilia sono venuti fuori per mancanza.
Perciò la Sicilia che io racconto - spesso sognata e desiderata - che ha quel tanto di onirico che dipende tanto dalla letteratura e dalle storie che mi intarmano alla Sicilia. E’ la mia terra, la mia origine. 

Perciò se non fosse Siciliana scriverebbe in un altro modo, o non scriverebbe affatto?
Io ho studiato giurisprudenza e sono rimasta a Roma perché al primo anno ho conosciuto l’uomo che è ancora mio marito 
Io ho cominciato a scrivere per sopravvivere. Avevo un taccuino sempre con me e scrivevo. Scrivevo favole, poi ho fatto notariato e mentre facevo la pratica notarile una mia collega ha portato un mio racconto ad un editore senza che io lo sapessi. Mi hanno convocato e lì ho avuto a che fare con la letteratura. Perché in quella libreria gravitavano nomi come Sgalambro, Salvatore Negro, e lì ho fatto due anni di gavetta come ghost writer e correttore di bozze. Avrei scritto probabilmente altro. 

La sua attenzione è sempre focalizzata su storie di donne?
Tante persone che mi leggono mi dicono che io racconto le donne ma finisco inevitabilmente per parlare di uomini. Raccontando le donne ci mostri gli uomini. 
Sono così attenta alle donne perché il mio primo romanzo Cenere - nato anche quello per caso dopo aver letto La Strega e il Capitano di Sciascia che è la storia di un processo per stregoneria - mi sono ritrovata con la storia di Caterina Medici, una fantesca del senatore  Mezzi. Poiché il senatore soffriva di strani ed intermittenti dolori addominali - che oggi avrebbero semplicemente definito come disturbi psicosomatici - e visto che lei era l’amante del Senatore e molto probabilmente ai figli non andava a genio, fu accusata di stregoneria per via dei suoi capelli groppiti, piume nel letto, dei fili che messi alla luce facevano un cuore (delle cose assurde, insomma) uscii da questa storia avvelenata perché le fanno “confessare” di tutto illudendola che confessandola si sarebbe salvata, fu invece condannata al rogo e durante il trasporto sul carro fu tenaglia con le tenaglie roventi.  Torturata, tenagliata e poi arsa. Avvelenata da quel libro ho cominciato a studiare la caccia alle streghe. Per esempio il Malleus Maleficarum è stato il vademecum per i domenicani per riconoscere le streghe  in cui ci sono scritte delle atrocità che mi hanno fatto più innamorare delle donne. Non come povere vittime ma per andare contro ad una misoginia nei confronti di un femminile di valore. La bellezza, la bravura, La Sapienza delle erbe… Tutto che diventa “strumento del demonio” anziché una cosa bella da riconoscere. Il termine stesso femmina in latino significa meno fede e per questo più facilmente circuitili dal diavolo. Poi ho letto un altro processo per stregoneria di Norgaredo del Tirolo dove ci sono le domande e le risposte e ad un certo punto appare una manina nera che erano i momenti in cui le donne venivano sottoposte a tortura. 
Tortura per farsi dare la risposta che volevano, ossia sì alle loro accuse infondate anziché il no. E la tortura era quella della corda. Venivano tirate su e poi lasciate crollare giù e si sfasciavano tutte. 
Questo è il mio intersesse nel femminile. E non nel femminismo “esasperato”.
Il mio “femminismo” è un femminile vero. E’ importante la compenetrazione uso donna e la sorellanza. 

Qual è il messaggio più importante che vorrebbe far passare con il suo romanzo?
Una delle cose del libro che vorrei tanto venisse messo in luce è proprio la sorellanza. Io le ho trovate le amiche sorelle!
Vivendo Roma, una città diversa da quella in cui sono nata e in cui ho i miei familiari e con due gemelle i momenti miei di difficoltà ho avuto un cerchio di donne che mi hanno aiutata, che si sono occupate delle mie figlie, mi sono ritrovata amiche sorelle. E non è vero che tra donne c’è sempre invidia, odio, competizione. 
C’è un femminile sano, bello. Che esiste.
Nel romanzo anche è presente. Se pur le donne che compaiono sono diversissime, tutte - tranne pochissime eccezioni - hanno in comune l’interesse per la bambina.

C'è un personaggio che nel romanzo le sta più "antipatico" degli altri?
Il personaggio più odioso per me è stato la suocera. Anche nel romanzo è il momento in cui poso la penna e Petra mi dice che dopo aver dato voce a tutte anche lei ha diritto di parola, 
Anche la superiora e quella delle lettera anonime…
Ma anche i maschi non ne escono bene.

Quali sono , se ci sono, storie vere che ha inserito nel romanzo?
Le donne violentate dai liberatori, dagli Alleati, ce ne sono state tantissime.
Vera paradossalmente è anche la storia del ragazzo ucciso per portare la Madonna in processione il venerdì santo. Accaduta a fine ‘800 primi del ‘900. 
Vera è anche la storia della ragazza con la pistola. Lei viene messa incinta da un uomo e i fratelli le mettono una pistola in mano per andare da lui e dirgli “o mi sposi o ti ammazzo” e lui le ha strappato la pistola e l’ha ammazzata. Si è fatto un paio di anni di carcere e poi è finita lì. 
C'è tanta verità nel romanzo, ma c'è anche tanto di simbolico.

Com'è la sua Sicilia?
Mi hanno fatto delle domande su una Sicilia ancestrale ma la mia storia non racconta solo la Sicilia. 
La storia della donna nuda uscita di casa per vendicarsi del tradimento del marito geloso che la teneva sempre reclusa, è successa a Napoli. Mi sono arrivate domande su una Sicilia retrograda, ignorante, ancestrale, ma non è questa la realtà della Sicilia. Le ragazze in Sicilia lavorano, studiano, lasciano i mariti, convivono. Tra le ragazze il matrimonio non è più un obbligo. Non è che la Sicilia è un mondo a parte: le ragazze hanno la stessa libertà che nelle altre parti d’Italia. Non è rimasta ferma all’età della pietra!
Viviamo di tanti stereotipi e tanti maschilismi.


E’ come se avesse costruito un "mondo al femminile". Dalle atrocità che comunque sono presenti nel libro e fanno parte di quella società come un dato di fatto, semplicemente esistono, prendiamo consapevolezza che ci sono, e mi è sembrato che il suo approccio sia quello di protesta “indiretta”. Mi sbaglio?
Io non condivido il femminismo per partito preso (quello del Libertà!! Diritti!!) Io e mio marito siamo complementari; ci sopportiamo in quello che serve, secondo le necessità e secondo le possibilità.  Quello che non faccio io, interviene lui. Quello che non può fare lui lo faccio io. Siamo un unicum e questa cosa la trovo bellissima. Essere un unicum pur mantenendo le proprie caratteristiche di diversità. Il femminile per me è importante: io sto educando le mie figlie allo studio, all’emancipazione. L’importanza del diritto allo studio. Per esempio ho fatto vedere loro il film “La Papessa” in cui la protagonista deve fasciarsi il seno e travestirsi da maschio per poter frequentare l’università. Anche Lolita a Teheran è un libro bellissimo e molto educativo per poter apprezzare quanto siamo privilegiate rispetto alle donne di altre culture che davvero non hanno libertà. Ragazze che vengono arrestate per “atteggiamenti occidentali”.
Un libro che ci fa capire quanti privilegi abbiamo. Nessun ci obbliga a fare quello che non vogliamo. Nessuno ci cuce i genitali. E’ la loro religione e lo capisco, ma se c’è qualcuna che si vuole sottrarre che sia libera di farlo!

Qual è la sua idea di "felicità"?
Un maschile e un femminile in armonia: perché è nel supportarsi vicendevolmente che si raggiunge la felicità!
La felicità vuol dire che io ho delle mie caratteristiche a cui non voglio rinunciare e che voglio vivere a pieno.
Per esempio l’essere mamma non sminuisce il fatto di essere donna tosta quando c’è bisogno di essere donna tosta. 
La poliedricità della donna
Così come sarebbe importante che anche nell’uomo ci fosse una “parte femminile” per entrare meglio in sintonia con la donna. 



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